Augusto Minzolini, per sua scelta o per scelta aziendale de La Stampa, è il divulgatore esplicito di quel che il nostro RE vuole far conoscere, perchè tutti capiscano, ecco quindi le ultime notizie dal Vangelo secondo San Silvio.

«Di fronte ad un calo del consenso di queste proporzioni – sono le uniche parole che ieri il leader del centro-destra ha dedicato in privato all’addio di Veltroni – è inevitabile che siano i vertici a pagare. A parte questo Veltroni è stato contraddittorio: è partito bene ma poi si è legato mani e piedi a Di Pietro, cioè ad un personaggio che rendeva impossibile ogni dialogo con noi. Resta un problema: nel centro-sinistra non c’è un interlocuore affidabile». Un ragionamento che riprende anche uno dei consiglieri del Cavaliere, Fabrizio Cicchitto: «Ora per tre mesi il Pd si trasformerà in una nuova Beirut. Non avremo un interlocutore certo, ma tanti capi tribù. Per cui noi dovremo andare avanti da soli, contando sulla nostra maggioranza. E’ una strada obbligata». Appunto, in queste condizioni il Premier sarà costretto a procedere da solo. Berlusconi lo dice con rammarico, ma in fondo con la confusione che c’è in giro è la politica che predilige. Del resto la scommessa sarda gli ha semplificato i problemi su tutti i fronti. Ieri al Quirinale l’incontro è stato breve, ma cordiale. E l’identikit del giudice costituzionale che ha nominato Napolitano, Paolo Grossi, può essere considerato il suggello alla pace fatta tra il Colle e Palazzo Chigi. Il Cavaliere, infatti, si è sempre lamentato degli equilibri presenti nella Consulta («Undici giudici su quindici – è stato uno dei suoi leitmotiv fino a ieri – guardano a sinistra»), ha sempre bocciato la candidatura di Luciano Violante e l’idea che il nuovo giudice sia difficile da collocare politicamente non può non fargli piacere: per l’entourage di Veltroni, infatti, Grossi è uno sconosciuto mentre il vicecapogruppo del Pdl al Senato, Gaetano Quagliariello, dà di lui un giudizio lusinghiero.

Insomma, lo scontro delle settimane scorse è passato, anzi a stare dietro al premier non c’è mai stato, ma è probabile che d’ora in avanti il Capo dello Stato lo asseconderà nella sua richiesta di essere messo nelle condizioni di governare (a cominciare dall’uso dei decreti). Lo stesso discorso vale con gli alleati. I segnali già ci sono. Da mesi, ad esempio, andava avanti una querelle sulla nomina dell’amministratore delegato dell’Expo di Milano: il sindaco Letizia Moratti voleva a tutti i costi un suo uomo, Glisenti; da ieri invece i due papabili sono due personaggi legati al Cavaliere, l’ex ministro Stanca o Bruno Ermolli. Già, magie del consenso. Per il premier le elezioni sono un’iniezione di energia. Per questo i suoi avversari lo accusano di essere sempre in campagna elettorale. Lui si accontenta di aver rafforzato la sua centralità nello scenario politico. «Con questo voto – osserva Quagliariello – Berlusconi ha dimostrato che può vincere anche lì dove la Lega non c’è, in Abruzzo e in Sardegna. Ha dimostrato che l’Udc vince solo quando si allea con il centro-destra e non quando gli si schiera contro. Sono due elementi che ci aiutano nel rapporto di alleanza e di competizione con Bossi. La vittoria lo rafforza pure nei rapporti con il Quirinale e con Fini. Anche perché ci vuole poca fantasia per capire cosa sarebbe successo se in Sardegna il capo avesse perso: qualcuno avrebbe ridimensionato la sua leadership magari approfittando della condanna dell’avvocato Mills».

E, invece, rischiando, cosa che pochi politici in Italia sono disposti a fare, il Cavaliere mai come ora è al «centro» della politica italiana. In Italia i problemi posti dalla crisi economica hanno rafforzato la leadership del capo del governo e hanno liquidato quella del capo dell’opposizione. Un dato che non deve apparire paradossale: un premier riesce a superare le situazioni difficili solo se riesce ad esercitare fino in fondo la sua premiership, se riesce a governare e a decidere, se diventa un riferimento sicuro per l’opinione pubblica.

E’ un dato che debbono avere presenti gli alleati. «Il Pdl – si sfoga Mario Valducci, altro consigliere del Cavaliere – si salverà solo se riuscirà a valorizzare il lavoro del governo. Io, invece, quando vado al partito mi cadono le braccia. Sento solo parlare di coordinatori. An si preoccupa solo di chiedere. Ora, però, il capo ha anche la forza di cacciare i mercanti dal tempio».

Io però comincerei a controllare chi, nelle varie bibioteche e librerie di Italia, e non solo, comincia a consultare troppo di frequente testi che parlano di GAETANO BRESCI